INSULTI AL PUBBLICO
ATTO UNICO A DUE PERSONAGGI CHE PERSONAGGI NON SONO
di PETER HANDKE
con CHIARA CASELLI e LYDIA GIORDANO
regia CHIARA CASELLI
Insulti al pubblico non racconta deliberatamente nulla: non c’è una storia, non c’è scenografia, non ci sono personaggi. È il testo teatrale più provocatorio e dissacrante dello scrittore e drammaturgo austriaco Peter Handke, autore di La donna mancina, Falso movimento, sceneggiatore di Il cielo sopra Berlino.
“Provocatorio e dissacrante” è quello che si legge e si dice comunemente di Insulti al pubblico e che potrebbe suggerire una lettura seriosa o forzatamente aggressiva contro il pubblico, come una traduzione letterale del titolo stesso. Quello che invece mi ha colpita e catturata sin dalla prima lettura è l’energia vitale che erompe dalle lucide e giocose parole di un Handke allora ventiquattrenne. Nell'adattamento e nella regia ho seguito quell'intuizione, supportata poi dalla registrazione della prima teatrale a Berlino del 1966, con l’autore presente. Il pubblico in sala non è per nulla scioccato o imbarazzato. Gli spettatori si divertono, ridono spesso, si sentono coinvolti in un gioco. Questo voleva Handke, che pone l’elemento del gioco come centro alle note di regia e consigli agli attori, raccomandando loro di vedere film western, sketch comici, ascoltare cori da stadio, litanie religiose e facendo iniziare lo spettacolo con finti rumori di scena dietro il sipario che, aprendosi, rivelerà poi uno spazio nudo e vuoto. Un gioco, appunto, intorno ad un argomento serissimo, un serrato confronto con il teatro e la sua essenza. Ho fortemente voluto che lo spettacolo avesse un tono giocoso e spiazzante, supportato dall'intelligenza affilata di Handke che, consapevolmente, gioca con l’insita contraddizione alla base del suo testo. Quando sceglie di dichiarare “questa sera non c’è spettacolo” comunque sta facendo spettacolo: qualunque cosa succeda sul palcoscenico davanti a degli spettatori, anche una mela appoggiata o un attore di spalle in silenzio, è già spettacolo. E chi porta le parole di Handke sul palcoscenico quel testo lo deve imparare a memoria, e capire e sentire quelle parole per renderle vere e necessarie. Handke, con l’obiettivo di recuperare la necessità vera della rappresentazione superando i luoghi comuni della “magia del teatro”, di fatto la ricrea, quella magia, dal nulla e con nulla, solo corpi e parole.
Scritto nel 1966, Insulti al pubblico è un manifesto contro un teatro di convenzione e torpore. Un teatro che ora, a 50 anni di distanza, è molto cambiato e, con lui e per lui, il suo pubblico. Ma è veramente morto il teatro di convenzione? Assolutamente no. I programmi dei nostri teatri sono ancora pieni di spettacoli che vertono sulla convenzione della separazione fisica tra palcoscenico e platea. I teatri “all’italiana“ sono proprio costruiti a servizio di questa convenzione. E molti (troppi?) spettatori hanno poca o nulla esperienza dello scardinamento delle regole prestabilite operato dalle avanguardie negli ultimi 50 anni. Anche per questo la proposta di Handke mantiene intatta tutta la sua forza e la sua necessità.
(Chiara Caselli)